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Capita sovente che i gestori di un e-commerce vendano anche su piattaforme esterne, più o meno specializzate. L’esempio più classico è eBay, o più recentemente Amazon, che ospitano molti e-commerce che vendono prodotti prevalentemente su siti proprietari. Queste piattaforme applicano ai rapporti con i loro venditori dei dettagliati regolamenti, che si concretano in un vero e proprio contratto tra il venditore e la piattaforma marketplace. Spesso però queste multinazionali, nel regolamentare il rapporto con i venditori, ritengono validi solo i loro regolamenti interni e non considerano, o tendono a non valutare, le regole generali fissate dal nostro Codice Civile sulla disciplina dei contratti, disciplina che è sempre applicabile e che riguarda tutta una serie di importanti casi, come le regole sull’adempimento o inadempimento contrattuale, scioglimento del contratto, risarcimento ecc…… Prendiamo ad esempio eBay, che certamente è un’azienda seria, con un ottimo servizio utenti e con delle regole ben chiare ed equilibrate riguardanti la vendita sulla sua piattaforma. Uno dei motivi più frequenti di sospensione dell’account è l’aver messo in vendita oggetti ritenuti contraffatti o per cui i detentori dei diritti non hanno fornito al venditore regolare licenza di vendita. L’account può venire sospeso dopo una serie di segnalazioni da parte dell’impresa o società titolare dei diritti di proprietà. Inoltre, capita spesso che in questi casi eBay richieda, per la riattivazione dell’account, il benestare dell’impresa o società che si ritiene danneggiata, cioè l’intervento di un soggetto estraneo al rapporto contrattuale tra venditore e marketplace. In merito, è necessario ricordare le regole sulla risoluzione (scioglimento) del contratto per inadempimento, fissate dal Codice Civile (art. 1453 e seguenti). Per prima cosa il contratto non si può sciogliere se il mancato rispetto del regolamento contrattuale ha scarsa importanza, cioè se si tratta di una violazione di una regola non fondamentale o l’inadempimento riguarda una minima parte degli obblighi che il venditore doveva rispettare. Inoltre, chi lamenta l’inadempimento o una violazione del contratto ha il dovere di rilevare e indicare chiaramente i fatti o il comportamento illegittimo, e non può limitarsi a contestare all’altra parte una presunta violazione di legge, fondata su segnalazioni non ancora verificata o non verificabili. Ancora, è da rilevare che la riattivazione del rapporto con il venditore non può mai essere subordinata o condizionata ad un intervento, non ben determinato nelle modalità, da parte di soggetti terzi, che sono estranei al rapporto contrattuale . Questo specialmente se tale procedura non è stata prevista nell’originario accordo tra venditore e marketplace. In questi casi, è quindi importante sapere che i rapporti tra le parti non sono disciplinati solo dal regolamento predisposto dal marketplace, ma anche dalle norme sulla disciplina dei contratti prevista dal Codice Civile.
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Periodicamente per Prestashop esce una nuova versione e mi chiedevo se non era il caso di definire la procedura dell'aggiornamento del software a livello contrattuale con i clienti. (non voglio passare il resto della mia vita ad aggiornare i siti altrui gratis, oltretutto con la paura che questo crei casini al sito.. ) Oltretutto questa cosa (l'upgrade del software), per motivi di sicurezza, viene sempre più spesso richiesta (anche imposta) dai gestori dei server. Mi chiedevo se avete situazioni simili e come vi comportate con i vostri clienti